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Questo post è incentrato non sulle case improbabili come i precedenti ma sulle case che mi hanno colpito positivamente e che ho scartato per motivi di comodità vari. Non ha aneddoti divertenti o particolari, è solo una lista per un viaggio futuro nella memoria.
Qualche giorno dopo il primo giro di appuntamenti ho visto la casa che avrei comprato se solo non fosse stata così isolata. Mi ha fatto desistere questo ed il fatto che, a causa di questo, il proprietario stava cercando di venderla da più di un anno senza successo – avrei investito tutti i miei soldi in qualcosa che, in caso di bisogno, avrei faticato a vendere a mia volta. Quello che mi ha tanto colpito della casa non è stato qualcosa che ho provato bensì ciò che non ho provato entrando: non ho provato la sensazione di chiuso e oppressione che molti appartamenti mi hanno dato. La disposizione delle stanze era ottimale, luminosa e ariosa, con porte finestre chiuse da scuri con ringhiere in metallo. E' ancora una delle mie preferite, seconda solo a quella che poi ho comprato.
Altri gioiellini erano due appartamenti semi mansardati al sesto piano di un palazzo nuovissimo. Solo nei film americani avevo visto cose del genere, bellini da matti, con le pareti dipinte di giallo come nei telefilm ambientati a New York e le finestre ad arco. Se avessi avuto vent'anni avrei potuto farmi il viaggio e trasferirmi su due piedi ma, visti nell'ottica della matusa che sono, le scomodità avrebbero presto superato la fighettitudine.
Poi c'è stato il palazzo stile Le Corbusier, era originale: sulla facciata aveva dei disegni che richiamavano Le Corbusier. Edificato originariamente per ospitare le famiglie degli operai di una fabbrica aveva rifiniture povere ma ambienti enormi. L'appartamento che ho visto aveva addirittura tre camere da letto, quello che saltava di più all'occhio però era lo stato di abbandono del vicinato; sapeva un po' di post atomico. Spero che la zona venga ristrutturata e rivalorizzata perché merita.
Altra casa rimarchevole è stato il bilocale della casa colonica, era talmente lontano dalla zona in cui volevo comprare che se dovessi fare una traduzione in inglese lo potrei definire soltanto come in the ass of the wolves. La peculiarità della casa stava nella parte comune, scale e pianerottoli erano talmente ampi da poterci ricavare come minimo un altro appartamento ma suppongo che la ristrutturazione abbia dovuto rispettare la muratura maestra originaria. Questo apparente spreco di spazio in realtà dava una buona sensazione, era come avere una corte interna coperta dal tetto, dove nei giorni di pioggia si possono far correre i bambini e si può spettegolare con i vicini comodamente seduti, magari giocando a carte su di un tavolino strategicamente piazzato.
L'unico appartamento per il quale mi sarei trasferita in una zona isolata si trova in un posto chiamato la corte dell'opera. Purtroppo l'appartamento era un bilocale e non rispondeva alle mie esigenze. La corte dell'opera è un agglomerato di case nuove o recentemente ristrutturate immerse nella campagna, quando siamo andati a visitarla stava per scatenarsi un temporale estivo ed il vento aveva alzato l'odore della mentuccia, profumo che adoro. Il bilocale rispondeva agli standard moderni, la particolarità era un giardino di proprietà grande tanto quanto l'appartamento se non di più. I giardini erano lontani dalla casa di un centinaio di metri ma erano recintati, provvisti di punto luce, attacchi per l'acqua e scevri da regole condominiali sul loro utilizzo. C'era chi ci aveva fatto l'orto e chi ci aveva messo la tipica casetta in legno da giardiniere con annesso tavolo e barbecue.
Qualche giorno dopo il primo giro di appuntamenti ho visto la casa che avrei comprato se solo non fosse stata così isolata. Mi ha fatto desistere questo ed il fatto che, a causa di questo, il proprietario stava cercando di venderla da più di un anno senza successo – avrei investito tutti i miei soldi in qualcosa che, in caso di bisogno, avrei faticato a vendere a mia volta. Quello che mi ha tanto colpito della casa non è stato qualcosa che ho provato bensì ciò che non ho provato entrando: non ho provato la sensazione di chiuso e oppressione che molti appartamenti mi hanno dato. La disposizione delle stanze era ottimale, luminosa e ariosa, con porte finestre chiuse da scuri con ringhiere in metallo. E' ancora una delle mie preferite, seconda solo a quella che poi ho comprato.
Altri gioiellini erano due appartamenti semi mansardati al sesto piano di un palazzo nuovissimo. Solo nei film americani avevo visto cose del genere, bellini da matti, con le pareti dipinte di giallo come nei telefilm ambientati a New York e le finestre ad arco. Se avessi avuto vent'anni avrei potuto farmi il viaggio e trasferirmi su due piedi ma, visti nell'ottica della matusa che sono, le scomodità avrebbero presto superato la fighettitudine.
Poi c'è stato il palazzo stile Le Corbusier, era originale: sulla facciata aveva dei disegni che richiamavano Le Corbusier. Edificato originariamente per ospitare le famiglie degli operai di una fabbrica aveva rifiniture povere ma ambienti enormi. L'appartamento che ho visto aveva addirittura tre camere da letto, quello che saltava di più all'occhio però era lo stato di abbandono del vicinato; sapeva un po' di post atomico. Spero che la zona venga ristrutturata e rivalorizzata perché merita.
Altra casa rimarchevole è stato il bilocale della casa colonica, era talmente lontano dalla zona in cui volevo comprare che se dovessi fare una traduzione in inglese lo potrei definire soltanto come in the ass of the wolves. La peculiarità della casa stava nella parte comune, scale e pianerottoli erano talmente ampi da poterci ricavare come minimo un altro appartamento ma suppongo che la ristrutturazione abbia dovuto rispettare la muratura maestra originaria. Questo apparente spreco di spazio in realtà dava una buona sensazione, era come avere una corte interna coperta dal tetto, dove nei giorni di pioggia si possono far correre i bambini e si può spettegolare con i vicini comodamente seduti, magari giocando a carte su di un tavolino strategicamente piazzato.
L'unico appartamento per il quale mi sarei trasferita in una zona isolata si trova in un posto chiamato la corte dell'opera. Purtroppo l'appartamento era un bilocale e non rispondeva alle mie esigenze. La corte dell'opera è un agglomerato di case nuove o recentemente ristrutturate immerse nella campagna, quando siamo andati a visitarla stava per scatenarsi un temporale estivo ed il vento aveva alzato l'odore della mentuccia, profumo che adoro. Il bilocale rispondeva agli standard moderni, la particolarità era un giardino di proprietà grande tanto quanto l'appartamento se non di più. I giardini erano lontani dalla casa di un centinaio di metri ma erano recintati, provvisti di punto luce, attacchi per l'acqua e scevri da regole condominiali sul loro utilizzo. C'era chi ci aveva fatto l'orto e chi ci aveva messo la tipica casetta in legno da giardiniere con annesso tavolo e barbecue.